I cinque ecomostri che feriscono MilanoDa milano.corriere.it: Il brutto nei quartieri - I comitati: «Interveniamo prima del 2015» I cinque ecomostri che feriscono Milano Lo scheletro di cemento di Ponte Lambro? Solo un esempio. Ogni zona ha il suo sfregio MILANO - Ci sono quelli mai finiti. Quelli solo accennati. E quelli che - nonostante l'estetica - hanno una loro funzione. Come l'eliporto che sovrasta i nuovi palazzi della Regione in via Melchiorre Gioia. O magari come le torri vuote di via Stephenson ora in attesa di una maxi riqualificazione in vista dell'Expo. Ma per i milanesi sono e restano ecomostri. Edifici, costruzioni, scheletri, nati fuori posto e condannati a deturpare il già malconcio paesaggio di città. Di sicuro sono monumenti al degrado da conservare «a futura memoria». Eppure, ad ogni legge speciale per i grandi eventi (il prossimo sarà l'Expo...), nascono nuovi orrori, come denunciano da anni Legambiente e i Verdi con il concorso «Non solo Punta Perotti». A Milano sono stati censiti un migliaio di edifici e capannoni industriali abbandonati. Solo una parte però resiste da decenni a riqualificazioni e sviluppo. Il caso più emblematico è quello dell'hotel da 300 stanze costruito per i Mondiali di Italia '90, a Ponte Lambro e rimasto come scheletro di cemento armato.
L’antenna Telecom in un’area vincolata - I cittadini del Ticinese hanno, solo negli ultimi cinque anni, combattuto (e vinto) contro il maxi-parcheggio sotto la Darsena e contro l’installazione di un ripetitore in un cortile di via Vigevano. Nulla però hanno potuto contro l’antenna Telecom di via Ascanio Sforza, un traliccio alto 30 metri collocato da 20 anni alla sommità di una palazzina della compagnia telefonica. Impossibile non notarlo. «Eppure l’area dei Navigli è sottoposta a un vincolo paesaggistico», attacca Gabriella Valassina del comitato di quartiere: «Com’è stato possibile autorizzarne la costruzione? Ora sia trasferito in periferia».
Il gigante vista tangenziale che doveva essere un hotel - È, suo malgrado, il più noto esempio di edilizia incompiuta milanese. Impossibile non notare dalle tangenziali lo scheletro abbandonato in mezzo al verde. Doveva essere un hotel con 300 stanze distribuito su 240 mila metri quadrati. Doveva, perché il progetto fu avviato con la legge speciale per i Mondiali di Italia ’90. Non fu mai ultimato e in vent’anni — tra passaggi di proprietà e vincoli urbanistici— non fu mai ultimato. Due anni fa l’annuncio dell’assessore all’Urbanistica, Carlo Masseroli: «Ne faremo un campus universitario». Niente da fare. Eppure, come spiega Antonio Macchitella del comitato Ponte Lambro, «un progetto c’è firmato dall’architetto Marco Romano e prevede la riqualificazione di tutto il quartiere».
Quel ponte mai completato non porta da nessuna parte - Il progetto era chiaro: costruire una tangenzialina per deviare il traffico lungo la circonvallazione esterna. Una parte (quella di piazza Maggi e viale Faenza) è stata ultimata solo per metà, il resto al Ronchetto sul Naviglio no. Così il sogno della tangenzialina è rimasto tale. Il ponte che scavalca il Naviglio, in via Pietro Giordani, è aperto ma tutto intorno è il vuoto. Così come la rampa che dal ponte (lato Lorenteggio) doveva scendere verso Corsico: una lingua d’asfalto che oggi muore in riva al Naviglio grande. «Un progetto faraonico poi rimasto senza un soldo— attacca Roberto Prina, tra le anime del comitato di piazza Maggi contro il maxi svincolo —. C’era un piano meno invasivo ma è stato accantonato, perché?».
Al posto dello scalo Fs ora resta soltanto un rudere - Il progetto è del 1983. Porta la firma degli architetti Aldo Rossi e Gianni Braghieri: Piano di ampliamento dello scalo ferroviario di San Cristoforo, al confine tra il Naviglio grande e Corsico. L’area è di proprietà delle Ferrovie, ma di quell’edificio che compare sui vecchi disegni, c’è solo lo scheletro di cemento armato. Dentro si alternano sgomberi e occupazioni di famiglie di rom e disperati. Eppure c’è un progetto per farne case a basso costo firmato dallo studio Albori e presentato all’undicesima mostra di architettura della Biennale di Venezia. Il nome: «Ecomostro addomesticato». «Troppi progetti sono stati avviati senza un’idea di città e utilità — attacca Damiano Di Simine (Legambiente Lombardia) —. Il nuovo pgt sia più vicino alle esigenze dei milanesi e contro le speculazioni».
A due passi dalla Bicocca un paradiso per vandali - E’ un’area immensa, scavalcata dal ponte che collega i quartieri di Greco e della Bicocca. In mezzo binari, vecchie fabbriche e un parallelepipedo di cemento armato ricoperto di graffiti e devastato dai vandalismi. Doveva essere il centro di calcolo delle Ferrovie dello Stato. Poi i progetti sono cambiati, le prospettive del quartiere anche, e da polo industriale tutta la zona è diventata residenziale. Così, proprio a due passi dall’università Bicocca e dalle aree ex Pirelli, è rimasta questa cassaforte di ferro e cemento. «C’è un progetto per riqualificare tutta l’area— spiega Gianfranco Dell’Era, del comitato Villa san Giovanni —. Era previsto l’ampliamento di via Breda, oggi strettissima, e una passerella ciclopedonale. Ora tutto è fermo per mancanza di soldi». Inviate le vostre segnalazioni a ilcorrierepervoi@corriere.it Cesare Giuzzi
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