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Inviato da avatar Davide Granti il 11-11-2010 alle 20:58 Leggi/Nascondi

Il PGT apre la gestione dei servizi dei milanesi ai privati. Si potrebbe pensare che molte aziende, ben gestite, sono efficientissime ma l'azienda in sé fa in primis i suoi interessi e non quelli dell' utilizzatore. Le istituzioni nascono per tutelare il cittadino ed in quest'ottica dovrebbero sempre fare gli interessi di quest'ultimo garantendo la massima equità. Cosa succederebbe se un'istituzione cominciasse a ragionare in termini di profitto? Da una parte si potrebbe dire che è un bene perché in questo modo si creano ricchezze per la collettività ma, se il fine ultimo dell'ente pubblico fosse il profitto, le scelte si baserebbero su questo e che dire se la nascita di un servizio dipendesse dall'incrocio tra domanda e offerta? Il Comune sceglierà di fare arrivare un mezzo di trasporto in una zona non densamente popolata? O di mettere un asilo? Qualsiasi azienda che si rispetti no, perché non sarebbe una scelta sostenibile, come anche far andare i mezzi nelle ore notturne per esempio a meno che non salgano i prezzi.

La stessa cosa se a gestire i servizi sono proprio i privati. Il Comune in qualità di enabler (facilitatore) analizza domanda ed offerta in ogni ambito territoriale, facendo una panoramica anche sulla eventuale già presenza di associazioni no-profit o aziende private profit. Il comune finanzia il servizio ma sarà il privato a gestirlo e quale privato gestirebbe mai un asilo in una zona con pochi bambini, farebbe circolare i bus la notte, farebbe prezzi modici in piscine e musei...? Verrà stilato un elenco di privati accreditati dal Comune e questi potranno concorrere all'assegnazione del servizio, ricevendo concessione d'uso di uno spazio pubblico o diritti edificatori. 

Quale privato rinuncerebbe ai finanziamenti statali agli inceneritori, in favore del più sano e pulito RICICLO TOTALE dei rifiuti? La logica del profitto non va a braccetto con la tutela del bene comune e con l'equità della distribuzione e dell'accesso ai servizi. Per questo abbiamo presentato le nostre osservazioni al PGT per indicare che:

Il Piano dei Servizi dovrebbe mettere al centro e porsi come obiettivo la soddisfazione e la risposta ai bisogni dei cittadini, tutti, sia quelli che vivono in zone più popolate che meno e non "la libertà di scelta dei cittadini". "La frase "e comunque intervenire in maniera residuale qualora tale risposta non sia sufficiente. " non è sufficiente a garantire che vi sarà un equa distribuzione dei servizi in quanto è accostata ad un principio "la libertà di scelta" che può essere interpretato in questo senso. Il cittadino è libero di scegliere dove vivere ma la libertà di scelta spesso dipende molto dalle disponibilità economiche di una persona.

Nel PGT, non ci sono categorie di servizi definite e/o escluse a priori. L’ Amministrazione stabilisce quote della nuova edificazione da cedere perservizi indispensabili, senza indicare già di quali tipologie si tratta, ma distinguendo tra aree a verde e servizi costruiti. Su questi ultimi, il Piano,costantemente aggiornato, avrà una lista da cui attingere (i servizi minimi che si impegna a garantire), a seconda della localizzazione del progetto, dei fabbisogni rilevati o prospettati, dell’accessibilità, della dimensione dell’intervento, ecc...
Sarebbe bene invece definire categorie di servizi minimi garantiti in ogni quartiere vecchio o nuovo oppure entro una certa distanza, raggiungibili senza difficoltà e senza doversi spostare troppo, il che va anche a favore di una riduzione del traffico, potremmo chiamarli i servizi a Km zero. Asili, scuole, centri per anziani, laboratori di analisi, consultori, studi medici, negozi alimentari...

Sarebbe bene aggiornare il piano ogni due anni invece che ogni sei mesi per evitare il pericolo che si usi la scusa di un eventuale cambiamento di situazione a giustificazione del non raggiungimento degli obiettivi che ci si erano posti. 

Non è bene privilegiare solo i controlli ex-post, visto che si vogliono dare in gestione servizi ai privati ma anche ex-ante.

Non è bene che il comune finanzi un servizio che sarà gestito da un privato se questi non è tenuto poi per lo meno a fornire il servizio a prezzi "comunali" cioè modici.

Non è chiaro il ruolo degli stakeholder. 
Sono coloro che, avendo interesse al piano debbono essere ascoltati oppure sono coloro di cui bisogna curare gli interessi? Sono considerati come i cittadini che però sono quelli che pagano?
Gli unici interessi che un'istituzione pubblica deve tutelare sono quelli del cittadino.

Il Comune non può essere enabler o facilitatore ma deve erogare e regolamentare i servizi in quanto da gestione “per il bene comune” si passa a gestione “per il massimo profitto” con un aumento di costi per i cittadini, anche perché alcuni dei servizi, molti dei quali vitali [vedi acqua] vengono gestiti in regime di monopolio e quindi danno la possibilità di ricatto inoltre l’Ente Pubblico perde il suo patrimonio di conoscenze.
Abbiamo già visto il risultato di questo: ad esempio quando l’Ente pubblico deve poi costituire delle Authority di garanzia è costretto a prenderne il personale dalle aziende che l’Ente deve controllare perché solo loro hanno le competenze, e così si genera un inevitabile conflitto di interessi.

Bisognerebbe eliminare la parola profit dalla gestione dei servizi ai cittadini. Un servizio può essere in mano o al pubblico o a privati no-profit vedi associazioni. Per esempio non ha senso che i trasporti urbani siano in mano a privati profit in quanto si tratta di una attività necessaria. Perlomeno dividere ciò che è necessario è no-profit, il superfluo al profit.

In ultimo, nel PGT è appositamente esplicitato che il Comune non cede la gestione laddove non è in grado di farlo lui, non si tratta di questo tipo di approccio bensì crea le condizioni per facilitare la nascita di un servizio. Qui viene ribaltato il ruolo dell'attore pubblico e la gestione passa ai privati di prassi, tranne dove ci sono già servizi comunali attivi.

di Cinzia Bascetta

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