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Il progetto del museo di Leonardo |
Date un'occhiata a questa foto. Non c'è bisogno di interrogarsi su un'incerta simbologia. E' qualcosa di nuovo. Potrebbe essere un museo. Il museo di Leonardo. È uno dei tanti progetti che camminano a fianco dell'Expo. Ambientatelo a Milano, in qualche zona da riqualificare, al posto dell'Ortomercato, all'Idroscalo, al Gratosoglio, ovunque ci siano spazi adeguati e pratiche via d'accesso. Mettetelo assieme all'Expo, all'Orto globale con le serre planetarie, al Parco botanico e al Museo del cibo, all'incantevole progetto che i lettori del Corriere conoscono come Aulì Ulè, il parco dei bambini ideato da Fulvio Scaparro, aggiungete una sede permanente per il Muba, destinata a diventare il museo della creatività dell'infanzia, la Città della cultura nella nuova Pinacoteca di Brera, un Museo d'arte contemporanea, la ritrovata Triennale, i percorsi disegnati dal Salone del mobile, l'effervescenza di un Festival del musica e del teatro come Mito...
Che cosa si può chiedere ancora per il 2015? Collegamenti rapidi, meno ingorghi, una mobilità più agevole. E soprattutto l'impegno a non farsi male da soli come da tempo accade a Milano, l'impegno di non mettersi una pietra al collo quando si tratta di decidere qualcosa di buono per il futuro, come è accaduto per l'Expo, dai giorni del pasticcio della governance fino alla tragicomica vicenda dell'acquisto dei terreni, valutati un giorno duecento milioni e un altro novanta, che si è chiusa, speriamo definitivamente, ieri notte. Dietro l'aggrovigliata partita delle aree a sfugge il tanto di buono che c'è in questa città, nascosto dal molto che viene sprecato in litigi, faide e lotte di potere, una zavorra che si porta dietro un carico di disfattismo, come dice lo stilista Giorgio Armani, che contagia i cittadini e che bisogna scrollarsi al più presto di dosso.
È dai giorni del «Manifesto per Milano», lanciato ai primi di maggio, che a questo giornale arrivano segnalazioni e progetti che altrove non trovano udienza, idee per la città, iniziative di quartiere, suggerimenti per una metropoli più verde, ciclabile, sostenibile, proposte per adottare una strada, segnalazioni per rendere meno difficile la vita dei cittadini. C'è una grande vitalità a Milano che trova alto riscontro quando viene esportata: il museo di Leonardo, per esempio, è finito sulle pagine del New York Times, i suoi progettisti, una squadra nata all'interno del Politecnico e oggi definita nel marchio «Leonardo 3», hanno raccolto gli applausi meritati dell'America facendo conoscere le mille possibilità di esplorazione del Codice atlantico. Come si fa, viene quasi da dire, non prendere in considerazione l'idea di un Beaubourg milanese della scienza e della tecnologia, lo stadio avanzato di un museo, quello della Scienza e della tecnica, che da anni rappresenta un vanto e un orgoglio ambrosiano?
Leonardo, a Milano, racchiude il senso di un futuro che c'è già, lo stesso che abbiamo cercato di afferrare con il dibattito sul Corriere, perché esprime la tecnologia, la creatività, l'intelligenza, il lavoro, la fantasia, tutto quello che l'uomo può inventare per migliorare le sue condizioni di vita. È' Leonardo che avvicina Milano all'Expo della modernità, il richiamo che può lasciare una traccia nel futuro con un museo utilizzabile per laboratori destinati alle visite scolastiche e sale d'esposizione da fantascienza. Ma Leonardo, il museo, il progetto, che si candida, con un concorso internazionale di architetti, a diventare un simbolo del 2015, è una delle tante proposte che da mesi galleggiano nella palude dell'Expo, rischiando di sprofondare. È difficile per tanti cittadini delusi dalle tante diatribe e dalle varie manovre speculative, ritrovare lo spirito che aveva accompagnato l'assegnazione dell'Expo. L'accordo di ieri sera a casa del sindaco Moratti restituisce un po' di fiducia in chi l'aveva quasi del tutto persa. L'Expo con la strada spianata può essere, come dice l'architetto Fuksas, la grande occasione per il salto di qualità di Milano. Via gli affaristi, le commistioni, gli intrallazzi, allora. Si parli di contenuti e di proposte per i giovani: sono queste le ricadute che ci interessano di più.