Cari Amici,
intervengo nel dibattito in corso sul PGT, augurandomi che la discussione sulla rete prosegua e si sviluppi con una partecipazione sempre più estesa e capillare, data l'importanza dell'argomento in questione.
Molti commentatori, anche autorevoli, intervengono da settimane sui giornali per indicare la strada da seguire per uno sviluppo realmente sostenibile della città. Ultimo, in ordine di tempo, il prof. Gregotti che proprio ieri, sulle pagine di Repubblica, ha spiegato come la crescita di attrattività di una città non si misuri solamente in quantità di volumetrie offerte, ma anche attraverso altri parametri di qualità urbana.
Ma prima di entrare nel merito, una premessa politica fondamentale. L'opposizione a Palazzo Marino si è trovata, davanti al PGT, di fronte a una scelta strategica per la città: far saltare il tavolo, ovvero utilizzare centinaia di emendamenti da qui alle elezioni amministrative del prossimo anno per una azione di mero filibustering al fine di impedire l'approvazione del piano (e di motivazioni se ne potrebbero trovare a bizzeffe); oppure, in alternativa, cercare di migliorare il più possibile in PGT. In mezzo a queste due opzioni sta la domanda fondamentale, che pochi si pongono: Milano può permettersi di rimanere senza un piano e un quadro di regole per due anni, da qui alla fine del 2011 e oltre, proprio nel periodo cruciale in cui vengono prese le decisioni strategiche per Expo e il futuro della città? Meglio nessuna regola, oppure meglio cercare le migliori regole possibili (nella situazione data) per evitare i manovratori proseguano indisturbati a colpi di varianti al PRG, come sistematicamente sta avvenendo da decenni a questa parte, con risultati sotto gli occhi di tutti?
Saggiamente, la parte maggioritaria dell'opposizione (dalla sinistra radicale al PD) ha sin dall'inizio avuto come baricentro delle proprie scelte il bene della città, anzichè il proprio ombelico. E oggi possiamo dire che, anche con l'ultimo importante risultato sull'inedificabilità dei terreni del parco Sud compresi nel territorio comunale milanese, qualcosa di importante è stato ottenuto.
Certo, questo non è il nostro piano: non lo voteremo, continueremo fino all'ultimo a batterci perchè esca il più possibile trasformato rispetto a come era entrato la prima volta in aula, cinquanta sedute or sono. Ma tra un atteggiamento di petulante e sostanzialmente inutile opposizione a prescindere, e un'analisi nel merito delle cose, abbiamo preferito la seconda strada.
Però è anche arrivato il momento di dire alcune cose in modo chiaro. A partire dall'aumento teorico degli abitanti previsto per i prossimi vent'anni a Milano (300.000 abitanti teorici).
Credo abbia ragione Gregotti nel dire che non basta aumentare i volumi per recuperare abitanti; credo parimenti che nessun operatore immobiliare privato costruirà volumetrie residenziali per lasciarle vuote. Ma ci sono tre questioni da chiarire: 1) ha senso che Milano recuperi residenti? 2) con quale tipologia di mercato abitativo? 3) l'allocazione delle nuove volumetrie deve obbligatoriamente seguire il tradizionale percorso procedurale del piano regolatore (zonizzazione)?
Io sono cresciuto nella Milano che, tra la fine dei Settanta e i primi anni Ottanta, aveva ancora 1.800.000 abitanti. Città completamente diversa, molto più ordinata (casa-lavoro-casa), con vaste aree popolari ancora insediate nel centro storico. Poi qualcuno ha iniziato a bersi Milano, mezzo milione di abitanti sono stati espulsi nel decennio degli Ottanta verso l'hinterland, mantenendo però Milano come perno di riferimento e sviluppando il fenomeno di abnorme pendolarismo quotidiano praticato in misura massima a bordo del mezzo privato. La variante generale al PRG del 1980 e il piano casa hanno esteso le residenze periferiche (spesso veri e propri quartieri-ghetto) nelle aree agricole non servite dal trasporto pubblico, sviluppando il trasporto privato come mezzo dominante della mobilità urbana.
Io credo che una città sostenibile sotto il profilo sociale, economico e ambientale sia quella che connette e sovrappone le aree di svuiluppo urbano alla maglia delle infrastrutture di trasporto pubblico esistenti e previste; e che evita la costruzione di quartieri ghetto offrendo a ogni cittadino la possibilità di accedere a residenze agevolate e a canone sociale in ogni zona della città (non solo in periferia), rompendo lo schema della separazione del quartiere popolare dal resto della città, costruendo il mix sociale come avviene nel resto d'Europa (e l'OBBLIGO PER LEGGE previsto nel PGT di realizzare una quota di edilizia a canone sociale in ogni intervento urbanistico in ogni zona anche centrale della città, è un obiettivo che abbiamo ottenuto per recuperare e offrire a giovani coppie e a giovani/precari/studenti un'alternativa al pendolarismo coatto).
Il meccanismo della perequazione urbanistica è da anni studiato e sviluppato. In Italia solo in ambito accademico, nel resto del continente anche sul piano attuativo. Uno dei suoi teorici di punta, il prof. Ezio Micelli dello IUAV (attuale assessore all'urbanistica del Comune di Venezia) ha lavorato al PGT di Milano. La definizione e la regolazione di questo sistema, novità assoluta, mi pare l'aspetto centrale e maggiormente critico dell'intero piano, perchè da questo dipende il tutto e non abbiamo in proposito esperienze e modelli pregressi a cui rifarci. Capire questo meccanismo per regolarlo in funzione del pubblico interesse è molto più importante e appassionante che gingillarsi sui calcoli del numero presunto di abitanti teorici, ma costa fatica. Abbiamo ottenuto che questo aspetto sia regolamentato in sede di Consiglio comunale e affidato a un soggetto controllato e normato dal Comune di Milano. Ma prima di questo fondamentale passaggio - l'ho chiesto in aula e l'assessore Masseroli lo ha ufficialmente accettato e confermato - dovremo svolgere approfondimenti seminariali tecnici e normativi con l'ausilio dei maggiori esperti in materia, a cominciare dal prof. Micelli.
Il meccanismo di perequazione posto alla base del PGT (riconoscimento di un indice volumetrico pari allo 0,15 mq/mq nelle aree del parco sud non utilizzabile in loco, ma trasferibile nelle aree di trasformazione urbana in cambio della cessione della corrispondente area del parco sud al Comune di Milano) potrebbe non funzionare: nel senso che potrebbe celebrarsi l'involontaria alleanza fra quanti ritengono che il vecchio Piano regolatore generale fosse il migliore strumento di governo del territorio, e i palazzinari che da anni hanno acquistato per poche lire le aree agricole in atetsa della variante al piano regolatore generale. Questi ultimi potrebbero avere interesse a non perequare alcunchè, rimanendo in attesa di tempi migliori, mantenendo la proprietà della aree del Parco Sud e lasciando in condizioni precarie l'attività agricola, senza rinnovare i contratti.
Proprio per questo, l'emendamento al PGT approvato alle 5 del mattino di mercoledì scorso, che rende indisponibili per l'edificazione tutte le aree del Parco Sud comprese entro i confini territoriali del Comune di Milano, rappresenta un fondamentale passaggio che combina il meccanismo perequativo alla fine di qualunque aspettativa di variante per edificare sul verde.
Il percorso è ancora lungo, ma il sostegno che stiamo ricevendo in queste ore da tutte le associazioni ambientaliste e dagli amici delle associazioni del Parco Sud - che ben conoscono la reale situazione e i rapporti di forza in campo - ci convincono che la strada intrapresa è quella giusta.
Siamo in una fase di passaggio delicata, fra diversi modelli e strumenti di gestione e governo del territorio. Come sempre avviene in questi casi, la sperimentazione, le verifiche sul campo (e, temo, anche gli inevitabili errori) saranno il corollario di un percorso ancora tutto da definire.
Io credo che il compito di un amministratore sia quello di non usare feticci per fare propaganda, ma cercare di individuare quale sia lo strumento migliore per rispondere ai bisogni della città.
Quindi occorre entrare nel merito delle proposte e delle soluzioni individuate, senza fermarsi alla nostalgia per gli acronimi. Il PGT in sè non garantisce nulla: dipende dai contenuti. Così come il vecchio PRG, che ha consentito (chiudo con il prof. Gregotti) la realizzazione del quartiere ZEN a Palermo e di un pezzo di Berlino Est alla Bicocca in quel di Milano (peggio servita della Berlino Est originale, vorrei far notare)
un caro saluto a tutti,
Enrico Fedrighini